CINQUANT’ANNI FA IL CILE ROCCA settembre
Giancarla Codrignani. Rocca sett. 2023
Vi ricordate la storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare? Una gabbiana incinta, finita per sbaglio in una chiazza di petrolio nel mar Nero, atterra morente sul balcone dove sta il gatto Zorba e dove è costretta a deporre l’uovo. Una madre deve osare tutto per salvare la piccolina che uscirà dall’uovo e deve affidarsi al gatto: Zorba promette, cova l’uovo e porta la neonata, battezzata Fortunata, nella comunità dei gatti di Amburgo che l’aiutano a crescere ma non sanno come insegnarle a volare. Una gatta domestica di città suggerisce la trasgressione del tabù dei randagi: chiedere l’aiuto di un uomo. Il padrone di Bubulina è un poeta e con lui Zorba, Segretario, Colonnello e gli altri gatti vanno sul campanile e Fortunata osa, apre le ali e vola.
Lo scrittore Luis Sepulveda – morto di covid nel 2020 – che scrisse questa favola simbolica, nel 1976 era il compagno Luis Sepúlveda, uno della guardia personale, composta di amici (GAP, Grupo de Amigos Personales), a cui il Partito Socialista Cileno aveva affidato la sicurezza di Salvador Allende. Uno che ha continuato per tutta la vita a portarsi dietro il complesso di colpa per non essere stato al suo fianco nel pericolo per salvarlo o per morire. Lo diceva dieci anni fa in un’intervista a Repubblica in occasione della consegna a Firenze del Pegaso d’oro. Il giornalista, Fulvio Paloscia, gli chiedeva dell’11 settembre, quando lui era distaccato dove sembrava si dovessero prevenire attentati e non riuscì a rientrare a La Moneda che veniva bombardata: “ovunque c’erano soldati che sparavano, morti… Un mortale senso di impotenza mi assalì…. Ascoltammo l’ultimo discorso del presidente a Radio Magallanes, una meravigliosa chiamata alla responsabilità, alla sopravvivenza: ci chiedeva di non farci uccidere, la nostra vita era necessaria per organizzare la Resistenza. I compagni alla Moneda, invece, morirono tutti”. Cosa sopravvive, oggi, della storia del Cile e della politica di Allende? “La grande lezione morale. Per i cileni Allende è un punto di riferimento, lo sentono ancora vivo, grazie alla sua modernità di pensiero. La dittatura di Pinochet ha cercato di cancellarlo dalla memoria, ma non ce l’ha fatta. Quello che mi fa paura, oggi, è che in Cile sia ancora in vigore la Costituzione voluta dal dittatore. Una Costituzione che autorizza “il Regime”. Sepulveda non sa che la Costituzione di Pinochet è ancora la Costituzione del Cile, nonostante cinquant’anni di governi di alternanza e un nuovo presidente della sinistra movimentista, Gabriel Boric, nato nel 1986, quasi dieci anni dopo il golpe, che aveva deciso di dare al suo paese un Costituzione “davvero carne del popolo cileno”, scritta da una costituente di 155 cittadini/e rappresentativi/e della pluralità sociale che, dopo un anno di lavoro, aveva presentato un testo che teneva conto di tutte le richieste popolari e andava sottoposto a referendum contenente la Costituzione migliore del mondo. Non era previsto il rechazo.
Per ora, dunque, un oltraggio alla memoria: resta la Costituzione di Pinochet e una nuova Commissione e un nuovo referendum non lasciano sperare nulla di buono. Non è solo la tradizione che vuole il Cile inchiodato alla destra: Il mondo cambia e gli esperimenti sono benvenuti, ma francamente avrei avuto grosse perplessità a votare una costituzione di 388 articoli e 57 disposizioni transitorie, che non si può portare a scuola alle elementari. D’altra parte anche il governo progressista di Boric ha mandato l’esercito al Nord per bloccare l’immigrazione alle frontiere con la Bolivia e il Perù.
Ma per i democratici che sanno di storia del mondo moderno l’11 settembre 1973 resta una data che è bene ricordare.
Il golpe militare di Pinochet colse di sorpresa il Cile e il drammatico suicidio di Salvador Allende, presidente socialista democraticamente eletto tre anni prima, scosse il quadro internazionale. Si era configurato il problema: prevedere in questo sistema che cosa poteva succedere quando un socialista vince le elezioni in un paese di tradizione conservatrice come il Cile, paese di immigrazione tedesca la cui Costituzione ottocentesca affidava all’esercito il compito di custodirla . Era piombata inquietante la dichiarazione di Henry Kissinger “Non vedo alcuna ragione per cui a un Paese dovrebbe essere permesso di diventare marxista soltanto perché il suo popolo è irresponsabile. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli”. La risposta di Allende era stata la nazionalizzazione del rame e di alcune banche. L’inflazione iniziò a galoppare, mancarono a poco a poco i rifornimenti, la destra organizzava cazerolazos nelle città, mentre la sinistra giovanile più radicale criticava il riformismo poco rivoluzionario. Enrico Berlinguer, alla vigilia di lanciare la strategia di lotta e di governo del Pci italiano, aveva scritto tre notissimi (all’epoca) articoli, importanti soprattutto se riletti dopo l’assassinio di Aldo Moro. In Cile i partiti furono soppressi, anche se erano uniti, tutti, anche il Mir, nella condanna del golpe repentino e violento del generale Pinochet. La condanna internazionale era stata anch’essa generale – come si potevano dimenticare le immagini dello stadio di Santiago pieno di arrestati? -, anche se solo l’Italia in Europa ritirò la rappresentanza diplomatica dopo l’intervento di un coraggioso viceambasciatore, Enrico Calamai, che accolse decine di rifugiati nella nostra sede. Nel 1975 sicari della Dina cilena spararono a Roma all’ex ministro democristiano Bernardo Leighton rifugiato nel nostro paese. Pinochet manteneva saldo il potere: arresti, intimidazioni, nessun diritto alla difesa, sottrazione alla giurisdizione civile, il fermo di polizia passava direttamente al tribunale militare, torture, cecchini addetti alle esecuzioni, anche di religiosi. La Chiesa guidata dal card. Raul Silva Enriquez prese subito coscienza della situazione e il Vicariato di Solidarietà di Santiago era il luogo di resistenza che si occupava delle attività clandestine di sostegno a persone in pericolo, alle famiglie degli arrestati e alla povertà delle periferie.
La dittatura rimase 17 anni. Ripetutamente veniva proclamato lo stato d’assedio. Il governo italiano inviò una delegazione parlamentare a scopo conoscitivo che ebbe contatti con le forze politiche, sindacali, associative oltre che con il governo e sperimentò la “libertà” della vita sotto dittatura: i giornali potevano avere titoli critici del regime (carabineros asesinos) , a teatro si poteva sentir suonare l’Internazionale, in periferia potevi fotografare l’angolo da cui il cecchino aveva sparato a padre Andrès Jarlàn immerso nello studio o nella preghiera. Ma in qualunque momento si poteva essere arrestati e a sera si vedeva la gente correre alla disperata per l’ultimo autobus prima del coprifuoco. Il nunzio Angelo Sodano rappresentava la chiesa tollerante nonostante un suo prete ucciso e altri due in carcere. Perché è grave quando i sistemi degenerano e ti abituano a trascurare la libertà, che è cosa delicata.
Enrico Berlinguer conosceva l’appartenenza dell’Italia al blocco politico-militare dominato dagli Usa; e l’esperienza cilena lo rafforzò nella persuasione che l’unità dei partiti di lavoratori e delle forze di sinistra non è condizione sufficiente per garantire la difesa e il progresso della democrazia ove a questa unità si contrapponga un blocco di partiti che si situano dal centro fino alla estrema destra. Il problema politico centrale in Italia è stato, e rimane più che mai, proprio quello di evitare che si giunga a una saldatura stabile e organica tra il centro e la destra.
Non fu sufficiente. Sopravvive, oggi, qualcosa della storia di Allende e di quella di Berlinguer? Sepulveda aveva risposto nell’intervista “la grande lezione morale”.